Percorrono a piedi centinaia di miglia in un terreno che non fornisce alcun elemento di sopravvivenza. Devono evitare sia i ribelli islamici di al-Shabaab che le truppe governative che non esitano a stuprarle. E dopo miglia e miglia di viaggio nella terra più infida del mondo arrivano nei campi profughi del Kenya dove in teoria dovrebbero essere al sicuro. In teoria però.
Sono le migliaia di donne somale che ogni giorno arrivano al campo profughi di Dadaab, in Kenya, il più grande agglomerato di rifugiati del mondo. Sono giovani con figli al seguito e, soprattutto, ci sono molte giovanissime ragazze somale che hanno deciso di tentare il tutto per tutto pur di sfuggire alla guerra e alla tremenda carestia che sta affliggendo la loro terra. Credono che, una volta arrivate a Dadaab, di essere al sicuro, invece non è così. Un rapporto delle Nazioni Unite, che per ragioni tutte da verificare e da capire non è stato ancora diffuso, racconta una terribile realtà. Stupri (anche ai danni di bambine), donne rapite e portate via con la forza per essere date in moglie a componenti di bande criminali locali che imperversano nel campo profughi senza che nessuno faccia niente per fermarle. Violenze di ogni tipo ai danni non solo delle donne ma anche di quegli uomini che cercano di proteggerle.
E’ la dura e cruda realtà del campo profughi di Dadaab della quale tutti sanno tutto ma nessuno parla, nessuno prova a scoperchiare questa incredibile realtà che, se possibile, è addirittura peggiore di quella che queste donne si sono lasciate alle spalle.
A cercare di rompere il muro di omertà che circonda questo vero e proprio girone dantesco è stata una donna che lavora per le Nazioni Unite, Margot Wallström, che però si è ritrovata isolata a combattere da sola e a lanciare appelli al vento, inascoltata sia dalle autorità locali che dai vertici delle Nazioni Unite che al momento non hanno fatto niente per interrompere questo vero e proprio business basato sugli esseri umani in fuga da guerra e carestia, una situazione che rende l’arrivo nei campi profughi l’inizio di un nuovo inferno e non la porta del Paradiso.
Le Nazioni Unite hanno il dovere di intervenire immediatamente per garantire uno status di sicurezza alle donne somale e a tutte le donne che arrivano da diverse parti nel campo profughi di Dadaab e negli altri campi allestiti in Kenya. Non è accettabile che si rimanga immobili e che addirittura si cerchi con tutti i mezzi di nascondere questa crudele realtà. L’Onu ha il dovere di intervenire subito e senza ulteriori esitazioni.
Secondo Protocollo