Ieri ho avuto modo di leggere l’intervento del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, sulla riunione dei Paesi non allineati riportato da Ynet.com. Ebbene, credo che mai come ora Netanyahu abbia profondamente ragione, sia sulla “non reazione” della comunità internazionale ai discorsi antisemiti e genocidi degli Ayatollah iraniani sia, soprattutto, sulla questione del nucleare iraniano.
Netanyahu ha giustamente evidenziato come le sanzioni non rallentino affatto il programma nucleare iraniano, anzi, paradossalmente lo hanno accelerato. E’ vero, le sanzioni pesano sugli iraniani, eccome se pesano, ma non sul regime e tantomeno sul programma nucleare. E’ un dato di fatto comprovato ampiamente anche dall’ultimo rapporto della AIEA che conferma per filo e per segno i timori israeliani.
Ora, una delle due: o il mondo libero decide di rimanere inerme di fronte alla minaccia nucleare iraniana, accettando di fatto che gli Ayatollah si dotino di armi nucleari, oppure decide di fare qualcosa di concreto per fermare Teheran, ma lo fa subito. Non ci sono alternative a queste due opzioni. Però se si sceglie la prima bisogna avere il coraggio di dirlo, bisogna avere il fegato di dire ai propri popoli “a noi (politici che vi governiamo) non frega niente se l’Iran si costruisce un arsenale atomico”. Andare avanti, come fa il Presidente americano, a mentire a tutto il mondo sostenendo che non vuole un Iran nucleare ma senza fare niente per impedirlo, anzi, impedendo a gli altri di fermarlo, non solo è la più grossa ipocrisia della storia, è un crimine verso un popolo, quello israeliano, minacciato di estinzione.
Se invece si sceglie la seconda opzione, quella cioè di fermare il programma nucleare iraniano, le cose vanno fatte con decisione ma, soprattutto, vanno fatte subito e non tra tre o quattro mesi. E a questo punto la diplomazia va messa da una parte. Il fallimento diplomatico è davanti agli occhi di tutti come è palese che i colloqui tra le cinque maggiori potenze più la Germania (5+1) e l’Iran servono solo a far prendere tempo agli iraniani e non certo a trovare una soluzione. Negare questo significa negare l’evidenza o, peggio, farlo in malafede.
Personalmente, a differenza di molti miei collaboratori, non voglio ancora credere che Barack Obama sia veramente in malafede, voglio pensare che ci siano ragioni politiche interne che lo spingono a questo criminale atteggiamento passivo verso la minaccia iraniana. Ma certo le “ragioni interne” non giustificano il rischio che il Presidente americano fa correre a Israele e a tutto il mondo. Perché una cosa deve essere chiara: se qualcuno pensasse che a rischiare siano solo gli israeliani si sbaglia di grosso. E poi a tutto c’è un limite. Le ragioni di politica interna americana non possono mettere a rischio di estinzione un intero popolo.
E allora è veramente arrivato il momento delle scelte perché il tempo sta stringendo. O si sceglie di accettare un Iran nucleare, che per me è un suicidio globale, oppure si decide di agire concretamente per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari. Non ci sono terze vie, non c’è la via diplomatica da seguire o ulteriori colloqui da tentare. Se si vuole fermare l’Iran questo è il momento di farlo.
Franco Londei