Dopo la Somalia e il Maghreb sembra essere il Sudan il prossimo Paese ad essere nelle mire di Al Qaeda. Lo riferiscono qualificate fonti di intelligence occidentale che sono venute a conoscenza della presenza di alcuni campi di addestramento nello Stato di Kassala, lungo il confine con l’Eritrea.
Secondo le fonti il gruppo di Al Qaeda in Sudan porterebbe il nome di Bara’a Muhammad Salim, alias Khallad al Farisi, membro sudanese di spicco di Al Qaeda, ucciso lo scorso 11 aprile in Yemen. Khallad al Farisi era soprannominato anche il “leone dei due Nilo” con riferimento alla sua origine e aveva comandato la Brigata 55 in Afghanistan. Laureato in “ingegneria delle comunicazioni” era in Yemen per reclutare militanti da portare in Sudan, cosa che aveva già fatto con successo in passato riuscendo a formare un discreto gruppo di combattenti che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto essere l’avanguardia della Jihad in Sudan e al quale aveva dato il nome di suo fratello morto in Afghanistan, Zubeir al Sudani.
In base alle informazioni di intelligence, attualmente l’ala sudanese di Al Qaeda conterebbe su diverse centinaia di militanti divisi in almeno tre campi di addestramento. La zona dove sono i campi non è stata scelta a caso. Infatti lo Stato di Kassala è il punto da dove passano tutti i traffici di armi che dall’Eritrea arrivano in Sudan e dove i controlli internazionali sono praticamente assenti, lontano (ma non troppo) dallo Stato di Read Sea (dove c’è Port Sudan) da mesi sotto attenzione per le partite di armi sudanesi dirette a Gaza.
L’ala sudanese di Al Qaeda conterebbe sull’appoggio incondizionato sia del Presidente/dittatore, Omar al-Bashir, che del suo principale nemico politico, Hassan al-Turabi il quale, va ricordato, era amico personale di Osama Bin laden e al quale aveva offerto rifugio in Sudan per molti anni. Negli ultimi mesi Turabi avrebbe limitato gli attacchi e le critiche al regime proprio grazie all’approvazione da parte di Bashir della costituzione in Sudan di un’ala di Al Qaeda.
I miliziani di “Al Qaeda in Sudan” sarebbero dietro alla strage di civili avvenuta il 30 maggio nel villaggio di Warguet nello Stato del Northern Bahr el Ghazal che ha provocato la morte di 64 persone attribuita in un primo momento all’esercito di Khartoum. Testimoni locali hanno riferito invece che ad attaccare sono stati uomini arabi che si sono identificati come membri del “gruppo Muhammad Salim” il che dimostrerebbe che i terroristi agiscono in tutto il territorio sudanese vista la lontananza dalla loro base. E’ chiara quindi l’intenzione del regime sudanese di usare i membri di Al Qaeda per alzare la tensione con il Sud Sudan. Peraltro va detto che fu proprio Bara’a Muhammad Salim a pronunciare parole di fuoco contro l’indipendenza del Sud Sudan, parole poi approvate in toto da Turabi che annunciò una Jihad per riprendersi “la terra sudanese rubata dai cristiani” (il Sud Sudan appunto). A ulteriore conferma di questa ipotesi ci sarebbe l’appoggio dato ai terroristi (che si muovo a bordo di jeep tecniche in stile somalo) dall’aviazione sudanese che negli ultimi due giorni ha bombardato ripetutamente i villaggi di Majak Woi e Kiirkou (sempre in Northern Bahr el Ghazal) dove ad opporsi ai terroristi ci sono militari del Sud Sudan.
Questa evoluzione sudanese preoccupa fortemente. Il Sudan è sempre stato un porto franco per Al Qaeda ma ora sembra diventato una base stabile. Oltretutto l’ingresso prepotente dei terroristi nel conflitto (ancora a bassa intensità) con il Sud Sudan porta un ulteriore motivo di profonda preoccupazione. Al Qaeda si vuole riprendere con la forza l’unico lembo di terra africana sottratto dai cristiani all’islam fondamentalista e questo il mondo libero non lo può permettere.
Claudia Colombo