«Israele non ha nulla da temere dall’avanzata dell’islamismo in Egitto, Tunisia, Marocco e Libia». A dirlo è stato l’inviato europeo per il Mediterraneo, Bernardino Leon, al quotidiano Haaretz in una intervista che più che ridicola sembra uno spot all’islam radicale.
Secondo la teoria di questo buffo signore che, onestamente,nessuno conosce e di cui non si sentiva la mancanza, «è molto più difficile avere guerre con le democrazie» e quindi, essendo gli Stati sopra elencati diventati improvvisamente democratici (secondo il suo pensiero e quello di Haaretz) Israele dovrebbe gioire del fatto che i regimi precedenti siano stati sostituiti da regimi islamici in quanto questi ultimi sono andati al potere in maniera “democratica”.
Ora, a parte che ci vuole una certa fantasia ad accostare la parola “islam” alla parola “democrazia”, quello che il sig. Leon sembra dimenticare (magari appositamente) è che una delle prime disposizioni del Governo tunisino è stata quella di vietare qualsiasi rapporto con Israele, che tra i punti fondamentali del programma dei Fratelli Musulmani egiziani c’è la rottura del trattato di pace di Camp David e l’appoggio incondizionato ad Hamas e che una delle prime dichiarazioni del Governo transitorio libico è stata una sparata di odio verso Israele. Che questo debba rassicurare Israele lo può pensare solo lui e quelli di Haaretz.
Nell’intervista Bernardino Leon critica aspramente il fatto che in Israele (ma non solo) si tenda a cambiare il termine “primavera araba” in “inverno islamico”. Secondo lui questo sarebbe completamente sbagliato per le ragioni di cui sopra e dimostrerebbe come in Israele non siano aperti ai cambiamenti. Anche in questo caso il buon Leon sembra ignorare che da oltre 60 anni Israele combatte contro il mondo arabo per la sua sopravvivenza e che si trova praticamente accerchiata da nemici che non aspettano altro che trovare il sistema di gettare a mare tutti gli israeliani. Di cambiamenti non se ne sono mai visti se non in peggio.
Diciamolo chiaramente, se Costantino Leon quando parla lo fa a nome dell’Unione Europea c’è di che preoccuparsi seriamente. Se a Bruxelles pensano veramente che l’ascesa dell’islam radicale sia un bene per tutti (compreso Israele) non c’è alcuna speranza, la guerra con il radicalismo islamico è persa in partenza e rimarrà solo Israele (come sempre) a contrastare l’avanzata islamica verso la conquista del mondo libero. Se al contrario parla a nome personale e a Bruxelles non la vedono così, sarebbe bene che qualcuno dall’Unione Europea si faccia sentire perché certe affermazioni sono davvero pericolose più che ridicole in quanto tendono a minimizzare un pericolo reale e concreto, quello dell’avanzata incontrastata dell’islam radicale con l’aggravante che questa avanzata viene scambiata per un improbabile avvento della democrazia.
Sharon Levi