Una premessa: a prescindere dalla morte di Gheddafi, da come ci si è giunti e da come è stato giustiziato dalla folla (perché di una esecuzione si è trattato), non mi sento di essere così ipocrita da negare una certa soddisfazione per la fine di un regime sanguinario che ha violato ogni tipo di Diritto Umano per oltre quarant’anni. Da qui a sottovalutare i rischi che adesso si corrono in Libia ce ne passa.
Ma per analizzare i rischi di questo Paese che, secondo una vasta fronda di buonisti, si starebbe avviando verso la democrazia (sic) bisogna partire da lontano, dai fatti cioè che hanno scatenato la rivolta libica, cioè le cosiddette “primavere arabe” poi nei fatti rivelatesi “rivolte islamiche e islamiste”. I tre dittatori abbattuti (Ben Alì, Mubarak e Gheddafi) pur governando in maniera dittatoriale avevano sempre tenuto lontano l’integralismo islamico con qualche eccezione non da poco per Gheddafi. Nei tre Paesi dove le rivolte islamiche si sono susseguite, oggi c’è una fortissima possibilità che a prendere il potere siano proprio gli estremisti islamici (basta guardare a quello che sta avvenendo in Egitto). Siccome Islam e democrazia sono parole assolutamente antitetiche, non vedo come si possa parlare di “primavera araba” intendendo con questa frase l’inizio di un cammino verso la democrazia.
E la Libia del post Gheddafi non fa eccezione. Basti guardare al nome dell’attuale comandante militare di Tripoli, cioè quel Abdul Hakim Belhadj noto come membro di Al Qaeda, ex combattente in Afghanistan ed ex ospite delle prigioni segrete della CIA. Di certo un biglietto da visita che fa a cazzotti con qualsiasi concetto di democrazia.
E poi ci sono quei fatti, tenuti rigorosamente sotto silenzio dalla stampa occidentale impegnata a sostenere al guerra, che ci raccontano come una delle prime conseguenze della guerra in Libia sia stata quella di un massiccio ingresso di armi libiche nella Striscia di Gaza, tra le quali alcune pericolosissime come i missili antiaerei a spalla SA24, detti anche “Igla-S”. Ora, c’è qualcuno in grado di garantire che la grandissima quantità di armi oggi presente in Libia (comprese le armi chimiche) non finirà nelle mani di qualche gruppo terrorista? C’è qualcuno in grado di garantire che il nuovo Governo libico non prenderà le sembianze di un regime islamico integralista? Io credo che non ci sia nessuno in grado di garantire queste semplici cose, anzi, ritengo che questa possa essere l’evoluzione più probabile.
L’errore più frequente che si commette in occidente, specie in quella parte occidentale di buonisti a tutti i costi, è quello di associare un sistema democratico a un sistema islamico. Non è semplicemente possibile perché l’Islam non è associabile a qualsiasi forma di democrazia che, per concetto, è laica. In un sistema islamico, dove ogni altra religione è vietata o malamente accettata, è quindi inconcepibile costruire un sistema laico. Per assurdo gli unici sistemi similmente laici in Medio Oriente, seppure dittatoriali, erano proprio quelli di Ben Alì, Mubarak e Gheddafi, tutti e tre demoliti dalle cosiddette “primavere arabe”.
E’ chiaro quindi che con queste premesse è difficile pensare che in Libia si instauri la “Democrazia”. Certo, tra qualche anno forse vedremo la formazione di partiti, probabilmente vedremo anche elezioni politiche, ma dubito molto che vedremo un sistema democratico. Penso invece che vedremo l’ennesima “Repubblica islamica” come ce ne sono a decine (persino l’Iran è una “Repubblica Islamica”).
Cosa deve fare l’occidente per evitare tutto questo? Non credo che, arrivati a questo punto, l’occidente possa fare molto dopo che inconsapevolmente ha favorito proprio l’avvento dell’integralismo islamico in Egitto, Tunisia e Libia. Di certo può (e deve) controllare il flusso delle armi affinché non finiscano nelle mani di qualche gruppo terrorista. Già qualche mese fa ci chiedevamo chi controllasse gli arsenali libici. Oggi quella domanda è più attuale che mai, specie per quanto riguarda gli ingenti arsenali di armi chimiche accantonate a tonnellate da Gheddafi. Questo sarà il primo vero banco di prova per il nuovo esecutivo libico. Personalmente non credo che il fragile Consiglio Nazionale Transitorio (CNT) possa da solo impedire agli islamisti di mettere le mani sugli arsenali di armi. Ci vuole un intervento esterno. Diversamente aspettiamoci gravi conseguenze da questa ennesima “rivolta islamica” mascherata impropriamente da “primavera araba”.
Sharon Levi