Il bulletto di Ankara amico di Obama

La migliore definizione che è stata data nelle ultime ore sul premier turco, Recep Tayyip Erdogan, l’ha data un anonimo funzionario israeliano che l’ha definito “un bulletto”. Come definire altrimenti colui che dopo un centinaio d’anni cerca di ricostruire l’impero ottomano sotto altre forme?

Israele ha deciso di non rispondere alle sparate del rais turco, bloccato persino dalla vecchia guardia dei Fratelli Musulmani egiziani che ieri, dopo il discorso di Erdogan al Cairo, hanno detto che non gli riconoscono la leadership del mondo islamico. Insomma, gli estremisti già litigano tra di loro su chi dovrà essere il più cattivo, il nuovo Saladino del nuovo ordine mondiale basato sul’espansione dell’islam.

Anche ieri il “bulletto di Ankara” ha nascosto quelli che sono i suoi veri obbiettivi, cioè il controllo dei giacimenti di gas allargo di Cipro, dietro alla questione palestinese, reinventandosi come improbabile “difensore dei Diritti Umani”, lui che un giorno si e l’altro pure bombarda i villaggi curdi senza pietà e soffoca nel sangue qualsiasi protesta (vedere questo video per credere. ATTENZIONE IMMAGINI CRUDE).

Erdogan, come tutti i bulletti, mostra i muscoli ma dimostra ampiamente di avere poco cervello. Arriva a contraddire persino se stesso quando squalifica le Nazioni Unite che con il rapporto Palmer giudicano legale il blocco su Gaza, per poi riqualificarle nel momento in cui devono decidere dell’ormai famigerato riconoscimento della Palestina. Come a dire che l’Onu va bene se decide cose che piacciono ad Erdogan e agli arabi e non va bene se decide qualcosa che non gli piace.

In tutta questa sceneggiata continua a stupire il silenzio americano che non si capisce se dovuto alla scarsa importanza che a Washington danno alle minacce turche (ma sarebbe un errore fatale, l’ennesimo) oppure se Obama è d’accordo con il rais turco. Fatto sta che anche negli USA iniziano ad accorgersi dell’estrema incompetenza del loro Presidente in politica estera e lo puniscono con clamorose decisioni, come quella di eleggere dopo 91 anni un repubblicano, Bob Turner, alla Camera dei rappresentanti nel feudo democratico di New York. Un segnale molto forte perché Turner nella sua campagna elettorale ha puntato moltissimo sulla denigrazione della politica di Obama in Medio Oriente e in particolare sull’atteggiamento ostile del Presidente americano nei confronti di Israele. Lo capirà Obama?

Sharon Levi

  1. “Lo capirà Obama?”- si chiede Sharon Levi al termine dell’articolo. Forse si, Ma dovrebbe sconfessare con i fatti l’orientamento della sua politica e magari anche le sue più intime preferenze o priorità che dir si voglia. Io credo che Obama sia dentro di sè più un nemico che un amico di Israele: l’aver citato a suo tempo la linea armistiziale del 1948 , cioè i famosi “confini del 67″, come base per la definizione dei confini del futuro Stato Palestinese,anche se con piccole modifiche, ha rappresentato di fatto una clamorosa legittimazione delle guerre arabe contro Israele, indipendentemente dalle loro cause e dal loro esito. E poco importa la successiva ” rettifica”. Quella fu dovuta al Congresso, che non è d’accordo con Obama. Ora , un Presidente “dimezzato ” dal Congresso, ma che ha espresso le sue preferenze, è una prezioso “suggeritore” per il fronte dei nemici di Israele: questi sono convinti, a ragion veduta, che il Presidente degli USA, quanto ad alleato di Israele, sia un uomo d’argilla. Il precipitare degli eventi con i suoi silenzi confermerebbe questa descrizione. E il suo grottesco tentativo di convincere Abu Mazen a non chiedere il riconoscimento dell’ ONU, non si sa a questo punto in nome di che, assomiglia al tentativo di convincere qualcuno a non incassare un premio già vinto alla lotteria : il riconoscimento dell’ ONU è ormai cosa fatta.
    Tornando ai silenzi di Obama su Erdogan si può al momento dire che chi tace acconsente. Ma può essere forse interessante, in attesa che il Presidente degli USA parli, rilevare la campagna mediatica che il fronte cosiddetto “progressista ” e quindi obamiano ha messo in atto sulla politica di Erdogan. Mi sembra che si basi su alcuni assunti: la strategia del premier turco è la razionale conseguenza delle crisi arabe, i suoi gesti e le sue dichiarazioni tengono conto dei nuovi equilibri e mirano ad una egemonia turca in fondo auspicabile e da spendere anche nei rapporti con l’occidente!! ( Tale Lucia Annunziata ) Quanto ad Israele non sembra trovare posto nel nuovo ordine. Si rileva che è sempre più isolato, naturalmente per colpa sua: mancherebbe insomma della necessaria fantasia nell’elaborazione di nuove strategie, ed è per di più- secondo alcuni – alle prese con problemi identitari e bla, bla, bla.
    Concludo segnalando una notizia di oggi, certamente “di cattivo gusto” per gli ottimisti di cui sopra: sembra che Erdogan abbia consegnato in queste ore al Governo siriano il tenente colonnello dell’esercito siriano Hussein Harmush, che insieme ad altri si era ribellato all’ordine di sparare sui manifestanti ed era riparato ad agosto in Turchia. Le autorità turche non smentiscono e non confermano.

  2. La notizia riguardante Hussein Harmush sembrerebbe confermata. E così il “difensore delle masse arabe” finisce per mostrare il suo vero volto

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