Palestina: l’Unione Europea non appoggi Abbas

Nonostante il Presidente della Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Mahmoud Abbas (Abu Mazen), sappia ormai per certo che gli Stati Uniti metteranno il veto su una richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese, ha deciso comunque di presentare la richiesta all’Onu confidando sul sostegno degli Stati dell’Unione Europea.

La strategia di Abbas è chiara quanto pericolosa: vuole rivolgersi all’assemblea Generale dell’Onu ben sapendo che una risoluzione dell’Assemblea stessa non è vincolante ma che, politicamente, è molto rilevante. Lo scopo è quello di innalzare ulteriormente la tensione in Medio Oriente in un momento in cui Israele è sotto attacco da più parti, specie da Turchia ed Egitto, cioè da quelli che fino a ieri erano i suoi storici alleati nel mondo islamico.

Ma per fare questo e per dargli il giusto peso ha bisogno del sostegno dell’Unione Europea in toto e non di alcuni singoli Stati. Per questo motivo in queste ore ha messo in piedi una colossale azione diplomatica, supportata entusiasticamente dalla solita Chaterine Ashton, per convincere l’Unione Europea a votare compatta per il riconoscimento dello Stato Palestinese.

Tra gli Stati europei disposti a seguire l’avventura di Mahmoud Abbas ci sono la Francia e la Gran Bretagna mentre tra i contrari si contano Germania e Italia. In particolare la Francia sta mettendo in piedi una vera e propria offensiva diplomatica per convincere l’Unione Europea a votare compatta per il riconoscimento dello stato palestinese. Il fatto è abbastanza strano perché una cosa del genere ce la si poteva aspettare dalla Gran Bretagna, notoriamente vicina ai palestinesi, non dalla Francia.

A nostro avviso l’Unione Europea non deve assolutamente appoggiare la richiesta palestinese che, se accolta, potrebbe portare la tensione in Medio Oriente a livelli altissimi. Potrebbe addirittura dare uno status legale alla violenza arrivando di fatto a giustificare gli attacchi terroristici contro Israele. Oltretutto mancano i presupposti di legalità internazionale per accogliere la richiesta di Mahmoud Abbas in quanto non vi sono quelle condizioni stabilite dal Diritto Internazionale per la nascita dello stato palestinese cioè: confini ben definiti;  governo effettivo ed efficace del Paese;  capacità di mantenere relazioni pacifiche con gli altri Stati confinanti.

Per questo motivo abbiamo chiesto all’Unione Europea di rigettare la richiesta avanzata da Abu Mazen, una richiesta che oltretutto viene vista malissimo anche da una delle maggiori istituzioni finanziarie del mondo, World Bank. Infatti proprio Banca Mondiale ha appena emesso un allarmante rapporto sulla Palestina in cui evidenzia come la crescita palestinese si sia dimezzata negli ultimi sei mesi e come gli aiuti economici dall’estero stimati per il 2011 in 967 milioni di dollari, nei primi sei mesi dell’anno siano stati “appena” 293 milioni di dollari, segno evidente di una certa stanchezza dei donatori verso i palestinesi. Una scelta come quella palestinese porterebbe al blocco degli aiuti americani e alla fine delle rimesse fiscali da parte di Israele e di questo Banca Mondiale è estremamente preoccupata perché metterebbe in ginocchio la Palestina.

Ma di questo Abu Mazen non sembra preoccuparsene. A lui interesse solo cavalcare l’onda islamica innescata dalla Turchia dimenticando però che proprio alla Turchia non interessa niente dei palestinesi ma l’unica cosa che gli interessa sono i giacimenti di gas scoperti al largo di Cipro. Insomma, ancora una volta i palestinesi usati come carne da macello per gli interessi del mondo islamico, motivo in più per coloro che dicono di voler difendere i Diritti dei palestinesi per riflettere attentamente su quello che si sta facendo.

Sharon Levi

  1. Condivido e argomento con alcune considerazione generali. Una delle descrizioni della realtà che sta alla base della scelta di riconoscere ora e in queste condizioni l’esistenza legale dello Stato palestinese consiste , a mio avviso, in un assunto: se si riconosce adesso lo Stato Palestinese si avvia un processo al termine del quale si avrà la possibilità dello sbocco desiderato : due Stati in pacifica convivenza. In caso contrario (niente riconoscimento) la situazione resterebbe certamente bloccata .Questa previsione è frutto di un auspicio, che può essere espresso anche in termini etici da tutti condivisi (compreso Israele): è giusto che i palestinesi abbiano un loro stato. Purtroppo questo presupposto etico, che sembra mettere tutti d’accordo, non è sufficiente per avere l’esito desiderato: è,infatti, descritto solo in termini generali e quindi necessariamente vaghi, per cui ciascuna delle parti in causa lo intende a modo suo: la trattativa bilaterale , infatti , non ha avuto successo. Stando così le cose, non è opportuno , a mio avviso, riconoscere lo Stato Palestinese senza prima essere entrati nel merito degli elementi fondamentali del contenzioso. Tutti quelli che ci ragionano dovrebbero rispondere preliminarmente ad una sola domanda: ritengono che le richieste dell’ANP (tralascio Hamas per economia di discorso) ,consistenti nel diritto di ritorno dei discendenti dei profughi del 1948 ( cinque milioni attuali di persone), nonchè nell’espulsione di tutti gli ebrei dalla Cisgiordania, in quanto tali e non in quanto israeliani (per gli arabi israeliani sarebbe diverso), siano compatibili non solo con la coesistenza pacifica di due Stati, ma con la stessa sopravvivenza pacifica dello Stato di Israele all’interno dei suoi confini? Ecco, se si risponde a questa sola e unica domanda , si evita di perdere tempo sulle questioni etiche che giustificherebbero le critiche al Governo di Netanyahu , che ostacolerebbe la Pace e così via. Non solo, ma con ciò si sniderebbero dalle loro rendite di posizione una serie di falsi moralisti accusatori per farli passare dallo scranno dei pubblici ministeri a quello degli imputati. In conclusione il quesito non consiste se dire sì ad uno Stato Palestinese, ma se dire sì alle richieste formulate dai rappresentanti dei Palestinesi.

  2. stavo leggendo adesso sul il Fatto Quotidiano questo articolo
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/12/i-servizi-segreti-a-netanyahu%E2%80%9Criaprire-i-negoziati-con-i-palestinesi%E2%80%9D/#comments
    e mi chiedevo:
    1°- chi cavolo è questo Zerlingo o come cavolo si chiama? Ultimamente spara una cavolata dietro l’altra
    2°- ma il Fatto Quotidiano non ha come vice direttore quel Marco Travaglio da sempre difensore del sioniso? E allora, cosa sono queste posizioni estremiste filo-palestinesi che ha assunto ultimamente (vedi articoli osceni di Paola Caridi)?
    3°- ma avete visto ic ommenti sotto gliarticoli che parlano di Israele? Incredibili. E se uno prova a replicare gli cancellano subito il commento. La libertà del Fatto…….!!!!
    OK mi scuso per la divagazione non collegata all’articolo (ottimo) di Sharon Levi. Sono d’accordo sul fatto che l’Europa debba impedire questa follia altro che incentivarla. I palestinesi devono tornare al tavolo delle trattative togliendo quelle richieste che anche loro sanno essere impossibili (vedi diritto al ritorno citato sopra). Pace in cambio di pace, questa deve essere la parola d’ordine. E infine, io condizionerei il riconoscimento della Palestina al fatto che la palestina riconosca Israele in maniera ufficiale. Questa mi sembra la condizione più importante di cui nessuno parla.

  3. Dai ragazzi… tutti lo sappiamo che i Arabi sognano di distruggere Israele…non ci sono riusciti, in tutte quelle guerre che hanno fatto,,ma adesso cercerano di farlo in un altro modo…
    Loro non accetano un stato Israeliano, i Palestinesi sono solo una giustuficazione, x scherarsi contro Israele…!!!!

  4. Julya, lo Zarlingo ha momentaneamente sostituito il Calapà che 1000 ne scrive e mai una giusta ne fa, ma a tutt’oggi non ha ancora eguagliato le frottole che il Calapà scriveva.
    Ma lo Zarlingo raggiunse il massimo della strategia commovente cattocomunista quando cercò di farsi passare per buono, parlando della prigionia del povero ragazzo Gilad Shalit.
    Due righe in cui descriveva, con le lacrime agli occhi, la lunga prigionia del militare isreliano, senza però condannare quelli che lo tenevano prigioniero, naturalmente!
    Consolati nel sapere che il sottoscritto, con un altro nik name, è stato cancellato definitivamente dal blog del FQ dopo aver ricevuto una risposta nientepopodimenoche dal Calapà, che si lamentava del mio continuo accanimento su quanto di falso scriveva.
    Non demordere nel rispondere a questi falsi giornalisti comunisti.

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