Se qualcuno si aspettava di più dalle Nazioni Unite sulla vicenda che riguarda la Siria, si sbagliava di brutto. La dichiarazione uscita ieri sera dal Consiglio di Sicurezza nella quale l’Onu esprime “condanna per la repressione del regime siriano sui manifestanti disarmati e in particolare condannale violenze avvenute nella città di Hama”, è il massimo che ci si potesse aspettare.
Questo non perché non ci siano i presupposti perché le Nazioni Unite facciano di più o perché non si possa fare qualcosa di concreto per interrompere la scia di sangue siriana, ma semplicemente perché con questa strutturazione l’Onu è ostaggio degli interessi nazionali delle cinque potenze che hanno Diritto di veto, cioè Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna. Una struttura come quella delle Nazioni Unite, nata per essere un organismo sovrannazionale, diventa quindi ostaggio degli interessi di quello o di quell’altro Paese, tralasciando quello che dovrebbe essere invece il suo scopo principale, quello cioè di frapporsi tra parti in conflitto e di far rispettare i fondamentali Diritti dell’Uomo e le norme di Diritto Internazionale.
Anzi, paradossalmente proprio l’Onu diventa spesso un mezzo per favorire l’espansione dei regimi teocratici e per favorire il terrorismo. Un esempio concreto ce lo abbiamo in Libano dove la presenza della missione Onu denominata UNIFIL 2 ha di fatto favorito e fatto da ombrello protettivo al massiccio riarmo di Hezbollah. Ma si potrebbero fare altri esempi nei quali le Nazioni Unite hanno recitato un ruolo di “rappresentanza” di qualche Stato o interesse invece che essere, come dovrebbero, super partes. In altri casi invece l’Onu si è limitato ad emettere sterili denuncie che nei fatti non hanno portato nulla al mulino del Diritto. Chi si ricorda, per fare un esempio, la violenta repressione delle proteste in Birmania? In quel caso fu la Cina a bloccare qualsiasi iniziativa permettendo (come nel caso della Siria) solo una sterile dichiarazione di condanna. Lo stesso avvenne con l’Iran. Che dire poi delle volte nelle quali le forze Onu incaricate di proteggere i civili si girarono dall’altra parte permettendo immani massacri come in Ruanda, o nell’ex Jugoslavia nel caso di Srebrenica?
Oggi, per esempio, l’Onu e molte delle sue agenzie sembrano più una rappresentanza degli interessi di alcuni Paesi integralisti piuttosto che un organismo dedito al rispetto del Diritto. A dimostrarlo ci sono le centinaia di dichiarazioni e le decine di rapporti contro Israele emessi sotto dettatura della Lega Araba. Oppure paradossi incredibili come inserire l’Iran nella Commissione per i Diritti Umani delle donne o l’Arabia Saudita e la Libia nel Consiglio dei Diritti Umani. Poi è chiaro che i rapporti emessi da questi organismi non possono che essere dettati dagli interessi di parte di questi Paesi.
Si potrebbe continuare per ore a descrivere la totale inutilità delle Nazioni Unite e delle sue centinaia di agenzie che sotto varie sigle, spesso completamente sconosciute, sperperano ogni anno miliardi e miliardi di dollari senza apportare alla comunità internazionale alcun beneficio.
Siamo al requiem dell’Onu così come era stato strutturato dopo la seconda guerra mondiale e durante la guerra fredda e a dimostrarlo ci sono proprio i fatti siriani. Forse allora questa pachidermica e costosissima struttura aveva un senso. Non oggi e non con questo mondo in continuo subbuglio. Da anni si parla di riforma delle Nazioni Unite senza però che si arrivi mai a qualcosa di concreto. E non un caso che i maggiori finanziatori dell’Onu siano la Cina e i Paesi Arabi ai quali sta benissimo che le cose continuino così come sono adesso. Avere in mano un organismo universalmente riconosciuto come “super partes” e poterlo controllare a proprio piacimento non è roba da tutti i giorni e di certo non se lo lasceranno scappare nonostante i costi per il suo mantenimento siano enormi. Almeno fino a quando si continuerà a considerare e a riconoscere l’Onu come una struttura al di sopra delle parti, definizione ben lungi dal descrivere la realtà quotidiana che vediamo oggi.
Franco Londei