“Non volevamo uccidere gli ugandesi ma gli americani, gli occidentali e gli etiopi”. Così parla Issa Luyima Ahmed, 33 anni, ex bibliotecario e uno dei quattro cittadini ugandesi arrestati per gli attentati che lo scorso 11 luglio hanno insanguinato l’Uganda.
Issa Luyima Ahmed, ha ammesso di aver progettato gli attentati in collaborazione con alcuni personaggi inviati in Uganda dal gruppo estremista somalo, al Shabaab, e che nella scelta degli obbiettivi (il club del rugby e un ristorante etiope) ha pesato il fatto che quei posti sono spesso frequentati da americani, europei ed etiopi.
Ma è quello che ha detto in seguito che deve far pensare. Secondo quanto ci riferiscono fonti del Chieftancy of Military Intelligence (CMI), il servizio di intelligence militare ugandese, Issa Luyima Ahmed avrebbe anche ammesso che in Uganda ci sono ancora diverse cellule di terroristi inviate sempre da al Shabaab pronte a colpire gli interessi e i cittadini occidentali. Nel mirino ci sarebbero le attività commerciali occidentali, le Ong che operano nel Paese, i ristoranti e le attività commerciali etiopi. Gli estremisti islamici accusano Uganda ed Etiopia di essere “fantocci nelle mani degli americani e degli europei”, mentre per quanto riguarda le Ong che operano in Uganda Issa Luyima Ahmed ha precisato che si riferisce solo a quelle dichiaratamente cristiane in quanto accusate di fare apostasia.
Il capo del CMI, il generale di brigata James Mugira, ha rassicurato gli stranieri in Uganda e le Ong minacciate da Luyima, che i servizi segreti militari ugandesi sono sulle tracce delle cellule terroriste e che nei prossimi giorni ci saranno nuovi arresti. “Con l’arresto di Issa Luyima Ahmed, di altri quattro ugandesi e di tre keniani abbiamo dimostrato che i servizi segreti e la polizia ugandese sono estremamente efficienti” ha detto il generale James Mugira in una conferenza stampa dove ha elencato i risultati dell’operazione seguita agli attentati dell’11 luglio.
Il problema della progressiva islamizzazione dell’Uganda preoccupa molto il Presidente Yoweri Museveni. Specialmente nella parte est e in quella nord del Paese, l’avanzata dell’Islam sembra inarrestabile con decine e decine di nuovi convertiti ogni giorno. La “teologia del container”, ampiamente attuata dalle Ong islamiche, sfrutta lo stato di povertà degli ugandesi per indurli a convertirsi all’Islam in cambio del più basso sistema di assistenzialismo che pregiudica lo sviluppo del territorio. Specialmente nel nord, che per oltre venti anni ha dovuto subire gli attacchi dei ribelli del Lord’s Resistence Army (LRA) di Joseph Kony, l’accostamento tra ribelli e Bibbia viene spesso usato a sproposito dalle Ong islamiche per convertire gli Acholi alla fede islamica con risultati sorprendenti. Se a questo uniamo la succitata “teologia del container” – in passato usata ampiamente anche dai missionari cristiani ma ripudiata dalle Ong moderne – il gioco è fatto. Questo problema è stato affrontato dal generale James Mugira il quale ha promesso un aumento dei controlli sulle Ong islamiche operanti in Uganda tra le quali ce ne sono alcune molto vicine all’estremismo (la IHH turca è una di queste). Il timore che queste Ong diano ospitalità (magari anche inconsapevolmente) alle cellule di terroristi è molto forte.
Secondo Protocollo