Gentilissimo/a ministro/a per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo
In questi giorni in cui a Copenaghen si discute, anche drammaticamente, del futuro del nostro pianeta, si discute di come salvarlo dall’ecatombe ecologica, di come produrre energia pulita e di come salvare le grandi foreste pluviali, veri e propri polmoni della Terra, una azienda italiana, l’ENI, si appresta a dare il via a un progetto di sfruttamento delle sabbie bituminose del Congo per estrarre petrolio, un progetto che, come dimostra il rapporto della Heinrich Böll Foundation, sarà letteralmente distruttivo per l’ecosistema del Congo e per le popolazioni che vivono in quello stesso ecosistema.
Ora, noi tutti siamo consapevoli che il progetto dell’ENI è qualcosa di mastodontico che implica investimenti per miliardi di dollari (ma con conseguenti ritorni) e quindi ci rendiamo conto che interrompere un progetto del genere non sarà facile, non siamo estremisti che pretendono l’impossibile. Siamo anche consapevoli che i depositi di petrolio più accessibili si stiano esaurendo e che quindi le grandi compagnie petrolifere stiano cercando valide alternative, come appunto le sabbie bituminose. Tuttavia siamo anche consapevoli che in un momento come questo in cui il nostro pianeta sta letteralmente soccombendo alla follia umana, compromettere uno dei polmoni più importanti della Terra, la foresta pluviale del Congo, è un vero e proprio suicidio di massa al quale non siamo disposti a prestarci.
Non è solo il rapporto della Heinrich Böll Foundation a farci allarmare, sono anche diversi studi, non ultimo quello pubblicato da New Scientist, sulle conseguenze ambientali derivanti dai sistemi alternativi di estrazione dei combustibili, come appunto quello dell’estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose. L’estrazione di “Petrolio non convenzionale” non avviene con una semplice trivellazione ma è la conseguenza di un lungo procedimento nel quel servono grandi quantità di acqua e di energia, durante il quale l’ambiente circostante viene letteralmente sconquassato. Senza considerare gli impianti necessari alla divisione dei vari elementi (necessaria all’estrazione del petrolio), impianti che generano tonnellate di rifiuti. Viene logico chiedersi che impatto può avere una tale pratica sulle popolazioni locali che vivono prevalentemente di pesca e di caccia nella foresta? Secondo la Heinrich Böll Foundation l’impatto sia sulla popolazione che sull’ambiente sarà devastante.
Ci sembra quindi un enorme paradosso discutere a Copenaghen su come salvare il pianeta e poi fare esattamente il contrario, soprattutto quando a fare ciò è una prestigiosa azienda italiana come l’ENI. Noi, come associazione, abbiamo contattato l’ufficio stampa e la dirigenza dell’ENI chiedendo lumi e informandoli della campagna in corso, senza tuttavia ottenere alcun riscontro. Per questo motivo chiediamo a lei, quale Ministro dell’Ambiente, di farsi carico della protesta di migliaia di persone per questo progetto che consideriamo devastante, in primo luogo per l’ecosistema della foresta pluviale del Congo e, in seconda battuta ma non meno importante, per tutto il pianeta. E’ giusto, come fa lei, pretendere dalla comunità internazionale dei fatti concreti per la salvaguardia del pianeta, ma ci sembra più giusto ancora iniziare noi stessi a fare quei fatti che chiediamo agli altri, sopratutto se dobbiamo farli in casa nostra.
Con stima e rispetto
Secondo Protocollo, organizzazione per la difesa dei Diritti Umani
Link Utili
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Accordo ENI-Congo per lo sfruttamento della sabbie bituminose .